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17-06-2010

Nuove ali per un cuore antico

Il 25 giugno si inaugurano le nuove sale archeologiche del museo della città

Saranno le cantine del settecentesco ex Collegio dei Gesuiti, dall’epoca napoleonica ospedale della città fino al 1977 e dal ‘90 sede del Museo della Città, ad ospitare la nuova Ala archeologica che sarà inaugurata il 25 giugno prossimo. In uno scenario suggestivo, caratterizzato in gran parte dalla copertura a volte degli antichi sotterranei, si snoderà un percorso espositivo complesso e straordinario sulla storia di Rimini che consentirà di ripercorrere, attraverso le tracce lasciate dai suoi abitanti e i suoi monumenti, il lungo cammino dell'uomo nel territorio riminese dalla Preistoria alla fine del periodo Tardoantico. Circa 2.000 sono i metri quadri complessivi di superficie, oltre quaranta sale espositive.

Rimini ha un cuore antico e antichi tesori. Un patrimonio archeologico che sta via via ricomponendosi fra la città, con i suoi monumenti, l'Arco di Augusto, il Ponte di Tiberio, Porta Montanara e l'Anfiteatro, il complesso di scavo della domus del Chirurgo e il Museo della Città, che, con le nuove sale completa un progetto che vedrà la luce proprio in occasione della XII edizione di Antico/Presente Festival del Mondo antico, in programma a Rimini dal 25 al 27 giugno.

La Rimini delle origini
Se la Rimini imperiale ha costituito il primo nucleo della Sezione archeologica aperta nel 2003, il percorso che va ad inaugurarsi prende le mosse da un milione di anni fa con le prime testimonianze della presenza dell' homo erectus sul colle di Covignano, allora la riva del mare che sommergeva il piano su cui sarebbe nata la città di Rimini. Un esordio che accomuna il sito di Covignano ai più importanti giacimenti preistorici italiani ad iniziare da Monte Poggiolo di Forlì.

Lungo una storia che nel nostro territorio non presenta soluzione di continuità dal Paleolitico ad oggi, si disseminano preziose eredità quali i ripostigli dell'età del bronzo, depositi di oggetti in metallo appartenuti a commercianti-fonditori, o i corredi delle necropoli villanoviane cresciute sotto l'influenza di Verucchio, o ancora i prodotti delle genti (Etruschi, Greci, Celti…) che tra VI e IV secolo a.C. hanno frequentato la valle e l’approdo dell’Ariminus, il fiume eponimo della colonia fondata nel 268 a.C. dai Romani nel progetto di occupazione della pianura padana.

Segni forti del processo della fondazione - nel più ampio disegno della centuriazione del territorio e delle vie consolari - sono alcuni esemplari di aes grave, la moneta fusa ove l’effigie del nemico celtico ha animato un vivace dibattito sulla responsabilità politica dell’emissione, così come i pocola deorum, le ciotole con graffiti o suddipinti nomi e sigle delle divinità del pantheon coloniario o indicazioni delle ripartizioni amministrative, fonte di conoscenza per la provenienza dei coloni.


La Rimini repubblicana
Nelle sale del Museo prende dunque corpo la città romana di Ariminum che svela dapprima il volto della colonia di età repubblicana, caratterizzata da una possente cerchia muraria, un reticolo stradale che disegna isolati entro cui crescono domus caratterizzate dall'accostamento di spazi abitativi a vani di servizio, cortili con vasche e portici per la produzione artigianale: attività che anima anche le campagne, ove a fianco dell’agricoltura, fiorisce una vivace industria laterizia e di vasellame. La città fra III e I sec. a.C. racconta la sua anima attraverso le necropoli, i monumenti funerari dislocati lungo le vie di accesso, nonché attraverso i possenti marmi, le sculture e le plastiche terrecotte testimoni degli edifici templari.


La Rimini imperiale
Incrociando la storia di Roma e i personaggi che la resero grande nella sua fase repubblicana (da Camillo, a Flaminio, da Mario a Cesare), Ariminum entra nell’epoca imperiale come colonia rifondata da Augusto: ne sono testimoni l’Arco posto al termine della via Flaminia, il ponte sul Marecchia, il teatro, la costruzione di acquedotti e sistemi fognari. Alla rinnovata vitalità urbanistica fa riscontro una fiorente ripresa edilizia e la frequente trasformazione degli spazi domestici da aree produttive ad aree residenziali. La città augustea mostra con orgoglio i raffinati pavimenti musivi, fra ricche trame geometriche, artistiche raffigurazioni, tappeti monocromi punteggiati di marmi preziosi; ma anche eleganti arredi, vivaci pitture ad affresco, sculture, ceramiche e instrumenta testimoni di lusso, agiatezza economica e fervore culturale. Un patrimonio finora “nascosto” o poco conosciuto, che una complessa e ampia operazione di restauri mostra ora in un ritrovato splendore.

Le domus che hanno attraversato i secoli dell’Impero fra ristrutturazioni, ampliamenti e conversioni, disseminano la pianta di Ariminum, distendendosi all’interno degli isolati lungo cardi e decumani. Gli ambienti delle domus dell’arco d’Augusto, dell’ex san Francesco, dell’ex Vescovado, delle scuole Industriali, del teatro Galli…luoghi nel cuore della città che appartengono alla memoria dei riminesi, si integrano con la domus di palazzo Diotallevi e la famosa domus del Chirurgo, già oggetto di esposizione nel primo segmento della sezione archeologica.


Il Tardoantico
Il mosaico pavimentale è protagonista indiscusso anche delle sale dedicate alla Rimini tardoantica. La Sezione ne presenta splendidi esemplari a campionatura di un ingente patrimonio accumulato per lo più negli anni ’50 e ’60 negli scavi di palazzo Gioia, palazzo Palloni e Mercato Coperto: qui sono venuti in luce i resti di domus palaziali erette fra V e VI secolo, periodo in cui l’insediamento della corte imperiale nella vicina Ravenna diede rinnovato impulso all’attività artigianale e costruttiva. Come preziosi tappeti di pietra dalla delicata policromia, I mosaici propongono intricati motivi geometrici che si dilatano e si rincorrono ad occupare l’intera superficie disegnando schemi complessi, o più raramente fanno da cornice a immagini figurate. Fra queste spiccano la cosiddetta Venere allo specchio e la scena di processione con i doni, aristocratiche citazioni di vita di una classe di potere ancorata alla tradizione classica e alla proprietà terriera. Il medesimo contesto di palazzo Gioia ha restituito il mosaico delle Vittorie, cosiddetto dall’immagine della soglia di un ampio vano di rappresentanza; emblematico della migliore arte musiva nell’Ariminum del II secolo, l’intero pavimento sopravvisse per centinaia di anni mantenendo alla stanza la funzione di ricevimento anche nella ristrutturazione in forme palaziali dell’antica domus imperiale. Allo stesso complesso insediativo appartiene presumibilmente il frammento di mosaico recuperato negli anni ’80 nell’area dell’ex hotel Commercio, in cui risalta la vivacità del piumaggio di un pavone, reso con l’impiego di tessere in pasta vitrea e inserito in uno schema di cerchi annodati.

Insieme agli arredi e alle suppellettili, i mosaici evocano il tenore di vita nelle dimore tardo antiche all’apice del loro splendore. Ma mostrano anche i segni della rapida decadenza, preludio dell’abbandono intorno alla metà del VI secolo, al tempo della guerra fra Goti e Bizantini che sigla il passaggio dalla romanità al medioevo. Passaggio visivamente reso dalla ricomposizione di una situazione di scavo che vede una tomba alla cappuccina, anonima sepoltura in tegoloni di reimpiego, invadere lo spazio prima destinato alle abitazioni, intaccando con una profonda ferita l’armoniosa geometria di un mosaico tardo antico.

Un'immagine che se da un lato chiude idealmente la Sezione archeologica, dall'altro anticipa il segmento altomedievale, di futuro allestimento, che andrà ad introdurre la Sezione medievale raccordandola al percorso classico.



Grazie all'intervento del Ministero per i Beni e le Attività Culturali che ha peraltro finanziato i restauri dei materiali e l'allestimento nell'ambito del Piano Nazionale dell'Archeologia, agendo attraverso la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell'Emilia Romagna e la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna, il Museo si accinge ad accogliere una grande eredità recuperando e restituendo non solo alla città (che si scopre inevitabilmente più ricca) ma al patrimonio italiano, uno spaccato di storia e di vita del più lontano passato. Sempre di più Rimini guarda al suo cuore antico oramai pronta a dare le ali alla sua vocazione di città di cultura.