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20-02-2001

Stasera i rangzen al Teatro Novelli

Un concerto straordinario raccontato in anteprima da Piero Verni
L'estate dell'amore... stasera a Rimini.
Quarto appuntamento al teatro "Novelli" il 20 febbraio con i "Rangzen" e i loro concerti antologici: Beatles nel 1998, Rolling Stones 1999, Long Time Gone nel 2000.
Quasi per completare i temi dello scorso anno ora è la volta della "psichedelìa": colori, viaggi in Oriente e strumenti "etnici (sitar, tampura, tabla), l'amore universale, la pace, le coscienze espanse...
Questi i temi musicali, culturali del concerto "The Summer of Love". Come sempre non solo musica ma anche mostre e, quest'anno, un grande schermo che campeggerà sul palco del gruppo riminese reduce, guarda caso, da un viaggio-tournée nell'India mistica e contemplativa proprio come trentacinque anni fa fecero i loro amati Beatles. E dei Beatles non mancheranno i brani del periodo mistico-psichedelico come "Lucy in Sky with Diamonds" o "Strawberry fields forever" o l'indianissima "Love you too" di George Harrison.
Per l'occasione i Rangzen suonerrano cose mai sentite dal vivo come "We Love You" o "She's a Rainbow" dei Rolling Stones: complicati brani che le "pietre" sfornarono nel periodo 1966-67 proprio per inseguire il filone della psichedelìa. Ma anche gli Who, i Led Zeppelin con la loro inquietante "Ramble On" o la fibrillante "Whola Lotta Love", i Mamas e Papas, David Bowie ecc. Insomma ancora una volta i Rangzen ci propongono una serata diversa e appagante per i "nostalgici" sì, ma anche per i giovani e giovanissimi che, guarda caso, più passa il tempo e più si accorgono che quel triennio 1967-70 fu uno dei più ispirati, prolifici ed emozionanti momenti musicali, culturali e storici di tutto il secolo passato.
Ma cosa fu e che cosa rappresentò quella tanto decantata "Estate dell'Amore"?
Tra il 1966 e il 1970 un mondo giovanile sconfinato, che andava da San Francisco a Tokyo passando per Londra (e per Amsterdam, Parigi, Roma e molte altre capitali europee), sembrò risvegliarsi all'improvviso da un letargo secolare per esplodere in una caleidoscopica girandola di nuovi stili di vita, nuovi miti, nuovi entusiasmi e, soprattutto, nuove speranze nella possibilità di cambiare se stessi e il mondo in cui vivevano. Si trattò di un vero e proprio cortocircuito esistenziale che usò la musica come suo massimo veicolo. I dischi (il buon vecchio 33 giri in vinile) dei Beatles, dei Pink Floyd, dei Byrds, dei Rolling Stones, dei Jefferson Airplanes, dei Peter, Paul & Mary, dei Mamas & Papas, dei Doors, di Bob Dylan, di Jimi Hendrix, di Janis Joplin e di tanti altri eroi musicali di quel quinquennio indimenticabile (e indimenticato) erano la colonna sonora che scandiva i giorni (e le notti) di una improbabile tribù di ventenni che si aggirava curiosa e febbrile per le vie e i vicoli del Pianeta Terra.
Il linguaggio immediato della musica si integrò con quello delle pagine incandescenti degli scrittori e dei poeti della beat generation (Kerouac, Ginsberg, Borroughs, etc.) che con i loro testi visionari avevano ben preparato il terreno perché le note e le strofe di "My generation", "Blowin in the Wind", "California dreaming", "Tomorrow never known", "Sgt. Pepper", tanto per fare pochi nomi, accendessero le menti e i cuori di gran parte degli esponenti di quella generazione.
Forse l'evento clou di quegli anni fu la cosidetta "estate dell'amore", quella del 1967 per intenderci, quando una sorta di tam-tam sotterraneo convocò a San Francisco, o meglio ad Haight Ashbury il quartiere hippie di San Francisco, decine di migliaia di ragazzi e ragazze. Erano per lo più adolescenti americani della classe media che avevano voltato le spalle alle stanze ad aria condizionata e moquette che sistema e genitori avevano preparato per loro. Al sogno americano di una vita linda, ordinata e senza imprevisti preferivano un esistenza sulla strada e sempre in movimento (il viaggio in India era alle porte) privi di certezze economiche ma "accesi" dalle vibrazioni di una stagione musicale che per qualità e quantità non ha avuto eguali nella pur ricca storia artistica del Novecento.
E dunque arrivarono a San Francisco per celebrare "the summer of love" portandosi dentro la loro musica (all'epoca non esistevano ancora - sembra impossibile - audiocassette e walkmans) e le loro idee anticonformiste. Un popolo di giovani dai capelli lunghi, dagli abiti sgargianti, dai volti truccati e dipinti un popolo di freaks (fenomeni da baraccone) come provocatoriamente amavano definirsi che in qualche modo riuscì scuotere la coscienza sonnacchiosa della società in cui vivevano, suscitando qualche simpatia e molte antipatie ma sempre riuscendo a creare dibattito e interesse per la cultura di cui erano portatori.
Poi, improvvisamente come era nato, quello straordinario movimento terminò e i suoi protagonisti uscirono dal grande mare dei comportamenti collettivi per intraprendere ognuno il proprio cammino individuale. Però, anche se in giro per le strade del mondo non si vedono più i volti e i colori dei ragazzi e delle ragazze dell'estate dell'amore (mi dicono che Haight Ashbury sia diventato un quartiere per alti dirigenti d'industria), il loro messaggio continua a soffiare nel vento intorno a noi. E, incredibilmente, gli adolescenti di oggi continuano ad ascoltare quella musica provando le stesse emozioni dei loro coetanei di un tempo.
Perché i tempi, nonostante tutto, stanno cambiando, "non è vero Mr. Jones?".
PIERO VERNI

Nella foto, i "Rangzen" in giro per il globo.