Messi così in fila, uno di seguito allaltro, i manifesti che in questi ultimi anni hanno dipinto Rimini ci restituiscono non solo colori e atmosfere ma, soprattutto, ci rinviano alle innumerevoli immagini che, nei decenni, si sono rincorse e sovrapposte a disegnare il profilo di Rimini. Immagini così diverse fra loro a confermare quello che, nel senso comune, è ormai il marchio più caratteristico di Rimini: una realtà nella quale concretezza e virtualità si intersecano. E, ancora, immaginazione e fantasia finiscono per diventare il messaggio della Rimini dinizio Terzo Millennio.
Curioso comunque il paragone con i manifesti che, più o meno un secolo fa, ritraevano Rimini. Curioso perché mentre la realtà nellarco dei decenni é profondamente cambiata, la trama della immaginazione sulla città delle vacanze è rimasta immutata. I disegni di Adolfo Busi, Marcello Dudovich o Gino Ravaioli (guarda caso: il maestro di Gruau) negli anni Venti, oppure quelli Gogliardo Ossani negli anni Trenta sono certo differenti nello stile da un Manara o da un Toccafondo. O anche da un Giovagnoli. Ma denotano una sostanziale continuità nelle immagini che trasmettono. Una sostanziale continuità da rubricare alla parola sogno.
Stefano Pivato
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